L'importanza dell'aria pulita nei laboratori di pizzeria

In questo periodo dove sempre più si parla di inquinamento, mi sembra doveroso affrontare il problema “Aria”. Uno studio italiano presentato il 3 ottobre 2007 a Venezia nell’ambito del congresso annuale dell’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) conferma le ipotesi dell’Organizzazione mondiale della sanità, che l’anno scorso aveva stimato in circa 3500 i morti da inquinamento atmosferico in otto grandi città italiane. Praticamente muoiono più persone per inquinamento che per incidenti stradali. Se a questo aggiungiamo che l’inquinamento indoor (interno alle abitazioni) è dato dalla somma degli inquinanti provenienti dall’aria esterna più gli inquinanti che si sprigionano direttamente all’interno delle nostre case, (gli esperti, sostengono che in alcuni casi l’inquinamento indoor e superiore a quello esterno, se non si seguono delle regole di vita salutistiche), corre l’obbligo di essere attenti a questo aspetto della vita moderna.
E i nostri laboratori? È’ evidente che questo tipo di problema ha influenzato, influenza e sempre più occorrerà tenerlo presente anche nella produzione di pizza.
Spesso ci dimentichiamo, vuoi per l’impegno lavorativo sempre più pressante, di considerare i locali di lavoro come possibili agenti inquinanti non solo dal punto di vista igienico-sanitario, ma come contenitori dove si producono alimenti che (nel nostro caso) hanno bisogno di tempi di lievitazione, alcune volte, anche molto lunghi.
Alla recente fiera di Rimini, Sigep, mi è capitato di dover ascoltare una pizzaiola di Termoli la quale voleva migliorare la sua produzione di pizza a metro. Tra le varie indicazioni mi ha rivelato quella di far riposare la pasta in frigo per 60 ore (in una tinozza, non si sa se protetta dall’aria oppure no) per poi porzionarla, farla lievitare per altre 5 o 6 ore e poi produrre la pizza al metro. Senza entrare nel merito della produzione, o di chi gli ha insegnato questo metodo arcaico, a me sorge spontaneo l’aspetto della contaminazione dell’alimento, specialmente nella fase di stoccaggio nel frigo, dove una cattiva manutenzione dell’apparecchio (frigo) determina una produzione di muffe al suo interno specie nei punti nascosti che influenza negativamente la lievitazione della pasta.
E ancora, il laboratorio? Se è vero, come dicono gli esperti, che l’inquinamento indoor è superiore di quello outdoor, con quale garanzia noi effettuiamo lievitazioni a temperatura ambiente senza correre rischi di contaminazione batterica, dal momento che i nostri locali (nell’arco delle 24 ore) hanno escursioni termiche e di umidità relativa anche notevoli?.
Nelle pizzerie al taglio la dove si produce pizza in teglia e si lasciano raffreddare le paste precotte all’aria, la contaminazione come viene controllata? E ancora, dove si usa il forno a legna e le polveri sottili sono una costante, quale precauzioni in merito possiamo prendere?.
A queste domande nell’era tecnologica è facile rispondere, un’attrezzatura adeguata ai fabbisogni delle lavorazioni, esempio: l’abbattitore di temperatura e il ferma lievitazione sono attrezzi che possono correttamente sopperire a queste inefficienze, perché impediscono lunghe ore di possibile contaminazione all’azione dell’aria, fornendo un prodotto di qualità sicuramente superiore a lavorazioni antiche, tradizionali si, ma non certo in linea con i tempi moderni.
Non solo, oggi esistono macchine capaci di igienizzare e sanificare l’aria, di un laboratorio, attraverso un processo di ossidazione che permette di abbattere germi, batteri, spore, pollini e muffe, vapori e fumi chimici.
Un’aria pulita, un laboratorio salubre, produce per effetto un prodotto di alta qualità, minor stress nel lavoro, minor pericolo di contaminazione dei cibi a tutto vantaggio del consumatore finale. Se però, chi deve insegnare l’arte della pizza ancora si promuove con metodologie di produzione cinquantenari o ancor peggio se dimostratori aziendali così si propongono, l’innovazione nel nostro settore tarderà ancora per lungo tempo.
Renato Andrenelli