FARINA AMORE MIO

La farina è il prodotto ottenuto dalla macinazione del grano tenero, così cita la legge 580 che dal 1967 regolamenta in Italia l’arte della panificazione. La macinazione, infatti, è l’operazione per mezzo del quale l’endosperma viene separato dalla crusca e dal germe, e poi ridotto in piccole particelle che formano la farina. La crusca e il germe hanno potere nutritivo, ma contengono lipidi che riducono notevolmente il periodo di conservazione della farina, e nessuno dei due influisce nella struttura fisica della pasta, salvo agire negativamente sulle proprietà del glutine e dell’amido e rompere le bolle di gas dei pani lievitati. Prima della macinazione il grano viene pulito, vagliato, e poi condizionato: quest’ultima operazione serve per aumentare leggermente il contenuto di acqua della cariosside, con il risultato di rendere più dura la crusca e più tenero l’endosperma e quindi di renderli più facilmente separabili. Appositi rulli scanalati (cilindri da cui prende il nome il molino) tagliano il grano, lo aprono, e spremono fuori l’endosperma che viene poi macinato, vagliato e rimacinato fino ad ottenere le particelle delle dimensioni volute.
Le dimensioni finali dell’endosperma determinano il contenuto di proteine, e quindi il comportamento culinario, della farina. Esistono due tipi fondamentali di granuli di amido che hanno dimensioni diverse: i più grandi, che hanno un diametro di qualche millesimo di millimetro, rappresentano la maggior parte di amido. Le particelle di farina di queste dimensioni tendono a contenere soprattutto amido, mentre quelle più grandi o più piccole contengono più proteina. Le particelle prodotte dalla macinazione si possono suddividere in tre classi: granuli di amido individuali, piccoli frammenti di matrice proteica, e frammenti di proteina più grandi che inglobano uno o più granuli di amido. Il prodotto a pezzatura più grossa, la semola, è composta di particelle di proteina più grandi, dell’ordine del millimetro di diametro. Per questo motivo la semola è molto indicata per la produzione di paste alimentari secche perché un contenuto di amido più alto darebbe come risultato una pasta più debole e più soggetta a rotture. La farina in genere contiene una mistura di tutte e tre le classi di particelle. I granuli di amido liberi sono indispensabili nelle paste lievitate, in cui hanno un’importante funzione strutturale. Inoltre, nelle paste lievitate con lieviti naturali, i microrganismi si nutrono di amido libero danneggiato durante la macinazione o trasformato in zucchero dagli enzimi del malto. Un quarto di litro di farina per uso domestico contiene circa 100 miliardi di particelle di endosperma di grano. Quando la farina è stata macinata e mescolata fino alle proporzioni desiderate, viene sottoposta ad un trattamento chimico che produce in pochi minuti un effetto che altrimenti richiederebbe alcune settimane. L’imbiancamento elimina il colore giallo chiaro delle xantofille, un tipo di pigmento carotenoide presente anche nelle papate e nelle cipolle. Il colore non ha nessun significato, né nutrizionale ne pratico, ma viene tolto al solo scopo di rendere la faina di una bianchezza uniforme. L’imbiancamento però elimina la poca vitamina E presente nella farina, per cui non tutti sono favorevoli a questa operazione. Nella pasta, invece, il colore giallo viene apprezzato per ragioni storiche, e per questo motivo non viene mai imbianchita. Per l’inbianchimento spesso si usa il diossido di cloro, lo stesso gas che viene usato per la maturazione o il miglioramento della farina. Ma anche la farina non imbianchita viene maturata con bromato o iodato di potassio. La maturazione produce risultati pratici importanti. Da molto tempo è noto che una farina lasciata riposare per un mese o due acquista una migliore qualità per la cottura in forno; per questo la si lasciava maturare prima dell’uso ( durante questo periodo veniva anche imbianchita naturalmente dall’ossigeno presente nell’aria). Questo tipo di maturazione però è alquanto imprevedibile, e consuma molto tempo e spazio. Oggi si preferisce usare metodi chimici sia per accelerare la maturazione che per controllarla. Infatti la maturazione modifica i legami delle proteine del glutine in modo da formare impasti più resistenti ed elastici.
Il glutine è molto importante nella produzione di paste lievitate, questo tutti i molini lo sanno, e tendono sempre più a commercializzare farine le cui caratteristiche tecniche siano accessibili agli operatori del settore. Per ottenere questo risultato sottopongono la farine a prove di laboratorio dove è possibile determinare, con l’ausilio di strumentazioni, ogni sorta di reazione all’impastatura. Grande impegno per il molino, e solo chi ha grandi capacità economiche riesce ad effettuare analisi in casa, mentre i piccoli molini debbono demandare a laboratori di analisi pubblico-privati la formazione delle miscele necessarie, con il risultato non sempre nelle aspettative di previsione e quindi con ulteriori aggravi nei costi o spesso eludendo questo passaggio importante nella produzione di farina consapevoli delle loro capacità professionali formano il prodotto solo con dati venuti dall’esperienza diretta.
Fine prima puntata
Renato Andrenelli