Pizzaioli italiani brava gente?

Siamo nel 2020 e da internet ancora si leggono notizie del tipo: In Svezia nasce la pizza al kiwi. L’autore: “Mi arrivano minacce di morte dall’Italia”

Questo il titolo di un articolo apparso si fb in data 16 gennaio 2020, e commentato da pizzaioli italiani. Il pizzaiolo che ha proposto questa pizza non è italiano, quindi può esprimersi secondo la sua creatività e nessuno ha il diritto di giudicare ciò che si sente di fare se i frequentatori della pizzeria in Svezia apprezzano questa scelta. Anche nel caso che esso sia italiano e lavora in quel paese, oggettivamente è tenuto a rispettare la filosofia che il gestore dell’attività impone ai suoi dipendenti.

Se la notizia è vera chiediamoci;

I pizzaioli italiani perché si sentono offesi di una proposta culinaria che è offerta in una nazione tanto lontana da noi? Perché noi italiani non ci sentiamo offesi, quando la Comunità Europea non rende merito alla nostra agricoltura che è capace di produrre qualità superiore alle altre nazioni? Perché i pizzaioli italiani non si schierano per difendere il vero made in Italy, a cominciare dalla farina elemento fondamentale nel nostro lavoro? Perche il mondo della pizza non lavora insieme per combattere le frodi e le sofisticazioni delle eccellenze italiane che sono le più copiate al mondo? Perché i pizzaioli italiani non si uniscono per far riconoscere la vera pizza italiana frutto della cultura, tradizione e professionalità dei nostri antenati?

Proviamo a dare risposte

Tutti questi perché (ne potrei aggiungere molti altri) dovrebbero far riflettere il mondo della pizza, poiché la tanto agognata “globalizzazione” non sta facendo altro che impoverire tutte quelle nazioni (Italia in primis) delle loro eccellenze, aiutando i meno creativi e meritevoli stati ad acquisire un posto più importante nella situazione globale. Questo modo tutto politicizzato di condurre la globalizzazione, crea discapito ai meritevoli e favorisce, sempre più la speculazione e l’arricchimento di grandi aziende che operano in moltissimi paesi del mondo. Unico risultato di questo scellerato modo di aiutare i popoli, è quello di produrre profitti sempre più elevati a discapito della qualità, mentre contribuisce massicciamente ad impoverire i popoli delle proprie eccellenze agroalimentari.

Il caso preso ad esempio è clamoroso (quello del pizzaiolo svedese), che postato sul social descritto, si rende vittima d’insulti. Ormai in questo tipo di comunicazione tutti possono offendere tutti e nessuno è mai redarguito. Si ha l’impressione di essere liberi e gratificati di far parte del sistema. Senza mai pensare solo per un attimo, che questo gioco al massacro tra gente comune, perpetrato dagli uni ai danni degli altri, serve solo a garantire statistiche per guidare i mercati e ottenere sempre più importanti utili a chi il mercato stesso manovra. Questa è, di fatto, una falsa libertà, una pura chimera, dove solo raramente si riesce a farsi ascoltare mentre chi manovra le fila si arricchisce spudoratamente. In poche parole si lucra sull’ignoranza del popolo.

E’ mia modesta opinione che da questa lotta tra poveri: insulti (e addirittura minacce di morte) a chi ha il coraggio di accontentare con molta umiltà i desideri dei propri clienti, e chi invece, in nome e per conto del progresso (vedi le nuove mode, pizza canotto, pizza gourmet, pizza al carbone vegetale etc. etc.), che certo non rappresentano qualità e digeribilità della pizza, il più coraggioso é colui che non si lascerà manipolare dal mercato, con la ridicola allusione di essere una star, solo perché gli interessi delle multinazionali giocano con la professionalità dei pizzaioli. Sarà invece, nel futuro prossimo, considerato un maestro pizzaiolo, chi riuscirà a lottare per il riconoscimento dei prodotti territoriali, chi farà squadra con la filiera del territorio di appartenenza, per un semplice motivo; chi produce qualità con professionalità nel rispetto del territorio di appartenenza, contribuendo a creare una filiera di produzione, non potrà mai essere copiato perché esprimerà sapori e odori che in nessun’altra parte del mondo saranno di uguale intensità.

Un esempio di successo italiano: quello del nostro vino, che in anni remoti veniva commercializzato puntando unicamente sul fatto di essere italiano. In tempi recenti è uscito da questa impasse aumentando, qualità, professionalità, marketing del prodotto e ha la presunzione di essere il migliore nel mercato, con risultati che sono visibili al mondo. Questa stessa filosofia deve essere applicata alla pizza. L’abbandono della cultura dell’io contro l’io, permetterà al mondo pizza italiano di raggiungere livelli di: qualità, produzione, riscontri economici e di riconoscimenti al made in italy, che oggi sono impensabili. Il primo passo di questo percorso deve essere la lotta per il riconoscimento della PIZZA ITALIANA, (non solo quella regionale italiana) da realizzarsi interamente con prodotti italiani certificati. Uno strumento, questo, che deve giungere nelle mani di tutti i pizzaioli italiani e di tutti coloro, che per motivi di vario genere, insegnano, promuovono e dimostrano l’arte della pizza italiana nel mondo.  Renato Andrenelli