LA PIZZA ITALIANA. Eccellenza nel mondo

Solo chi non è mai uscito dai confini italiani non può immaginare quanto sia grande la creatività, professionalità, la bontà e l’eccellenza delle manifatture, dell’agroalimentare e della tecnologia italiana. Solo il nostro territorio ha una biodiversità unica al mondo. Gli italiani hanno fatto le scoperte più importanti nel mondo. il Made in Italy è stato classificato dal KPMG , un network di società indipendenti specializzato nella revisione e organizzazione contabile, nella consulenza manageriale e nei servizi fiscali, legali e amministrativi, come terzo marchio al mondo per notorietà, secondo solo alla Coca Cola e alla Visa.

Nonostante tutto ciò, moltissimo altro si potrebbe aggiungere, noi italiani spesso e volentieri non crediamo nelle nostre capacità, alla nostra consapevolezza nell’essere superiori ad altri popoli. Ci lasciamo condizionare e ci mortifichiamo da soli quasi quasi fossimo masochisti.

Con queste poche righe vorrei porre l’attenzione nel mondo PIZZA. Noi italiani siamo i migliori e i più professionali nel produrre quello stupendo prodotto chiamato pizza che in tutto il mondo è amato e consumato. La mia esperienza nasce in seno della prima Associazione di Pizzaioli nata in Italia, come pure la maggior parte di tutti quei professionisti, di una certa età, che si definiscono maestri e che appena avuto la consapevolezza delle proprie capacità professionali, si sono staccati e hanno dato vita a nuove organizzazioni, più o meno valide. Per carità, tutte buone idee e intenzioni, ma questa frammentazione di valori non ha permesso di acquisire quel ruolo potente nel mondo, che ci potrebbe competere. Vorrei sintetizzare questo concetto con un esempio: tutti i più bravi si sono dedicati al proprio orticello (sia esso più o meno grande) senza pensare al bene della nazione e nell’immagine che questa forza potrebbe avere nel mondo.

Anche le aziende del settore stanno perseguendo questo metodo, senza avere una visione univoca del nostro mondo. Vorrei portare ad esempio la politica aziendale dei molini italiani. Sono veramente specialisti nel settore molitorio ma fino a qualche anno fa nessuno credeva al biologico, ai grani antichi, alla farina prodotta da grano italiano certificato. Piano piano (grazie anche a paesi più uniti che per primi hanno creduto ad alternative al convenzionale) tutte le aziende molitorie italiane hanno aggiunto una linea di farine biologiche, come pure tutti hanno aggiunto una linea di farina prodotta da grani antichi e per finire oggi tutti hanno aggiunto una linea di farina ottenuta solo da grani italiani. Tutto questo perché i pizzaioli, i panettieri, e i pasticcieri hanno differenziato i loro prodotti e quindi i molini si sono dovuti adattare alle esigenze del mercato.

Si sono persi moltissimi anni di vantaggio sul mercato, producendo e vantando il proprio io aziendale, invece di unire le esperienze individuali per far fare a tutto il comparto uno scatto in avanti, tale da poter guidare il mercato e non subirlo.

L’Italia con la moltitudine di tradizioni e arte culinaria che possiede, potrebbe essere la prima nazione del mondo. Usando un eufemismo di natura scolastica, l’Italia potrebbe essere la secchiona del mondo se solo gli italiani lo volessero.

Vorrei concludere questa mia considerazione con un pensiero che dovrebbe essere un momento riflessivo su cui meditare. Abbandonare i personalismi e unire le forze per raggiungere quella posizione nel mondo che ci compete, porterebbe enormi benefici all’agricoltura, all’industria alimentare, ai professionisti dell’enogastronomia, ma soprattutto si potrebbe condizionare le scelte politiche del settore.. Non c’è un’associazione, organizzazione, scuola di pizzaioli italiani che non abbia aiutato uno straniero a diventare pizzaiolo, come pure non c’è un molino italiano che non ha loro dimostratori in giro per il mondo ad aiutare quelle aziende che vogliono diventare loro clienti consumatori. Tutte queste energie se coordinate sapientemente, consorziate e dirette come sanno fare le multinazionali, sarebbero un veicolo universale per trasportare le eccellenze italiane. Invece spesso preferiamo far passare per italiano quello che italiano non è. Non si lavora sulla protezione dei nostri prodotti ma ci si ingegna per poter furbescamente far passare per italiano quello che in Italia non si produce o si assembla semplicemente. Renato Andrenelli