La Storia della Pizza

da internet un articolo da commentare

Internet sempre più mi fornisce idee per divulgare informazioni che devono essere trasmesse in modo corretto per rispetto del lettore che ne potrebbe fare una propria cultura.

Leggendo l’articolo riguardante “la Storia della Pizza” pubblicato l’11 dicembre 2020 dal sito Focus Junior.it, non posso non commentare l’intervista che l’autore dell’articolo ha voluto fare alla pizza. Specialmente quando l’intervistata espone il suo sapere sulla farina.

I cereali si conoscono da oltre 10.000 anni, tanto tempo, infatti corre dall’inizio dell’agricoltura. La farina è prodotta da oltre 4.000 anni prima di Cristo. Riporto qui di seguito, alcune frasi estratte dalla “Storia dell’alimentazione" a cura di L. Flandrin e M. Montanari edito da GLF Editori Laterza nel 1996. In questa grande opera alla pag. 39, capitolo: Cereali, Pani, focacce, dolciumi, testualmente è scritto:

omississ. Quale sia stato il cereale più anticamente coltivato in Egitto è oggetto ancora di discussione, ma è sicuro che l’orzo è stato trovato in insediamenti preistorici del delta, datati intorno al 4.000 a.C.; all’orzo si aggiungevano il grano e il farro. Le pianure periodicamente inondate dal Nilo producevano cereali in abbondanza, sufficienti per l’uso interno e per l’esportazione. Grano e orzo erano la base dell’alimentazione, utilizzati per la fabbricazione del pane e della birra; il pane di farro era consumato soprattutto dai ceti più modesti. Nelle case egiziane si produceva la farina con una tecnologia elementare: i chicchi preliminarmente frantumati in un mortaio di pietra erano poi macinati con una pietra sopra una lastra litica inclinata; la farina grossolana era poi passata al setaccio. Per ottenere una farina più fine, si potevano tostare leggermente – o farli seccare al sole – i chicchi dei cereali prima di macinarli (la macina ruotante non è stata usata in Egitto fino all’epoca greco-romana). Ne deriva che, col pane, era sempre mischiata della polvere minerale, la causa probabile dell’usura riscontrata sui denti della maggior parte delle mummie egiziane esaminate.

Il pane si faceva ovviamente aggiungendo alla farina l’acqua e un po’ di sale, e impastando la massa ottenuta, a mano oppure, per grandi quantità, con i piedi dentro larghi recipienti; i pani, bassi e schiacciati, potevano essere cotti direttamente su una pietra piatta messa sul fuoco o sul piano del forno, oppure cuocevano aderenti alle pareti del forno.

La lievitatura non era ignorata, ottenuta dalla pasta inacidita; questo sistema non escludeva, almeno dal 1.500 circa a.C. l’impiego di un lievito vero e proprio, i cui saccaromiceti, in forma liquida venivano ricavati dalla fabbricazione della birra,  di regola associata alla panetteria.

La forma dei pani poteva essere rotonda, ovoidale, conica – per i pani delle offerte nel tempio la pasta era versata dentro forme coniche d’argilla -, triangolare e semicircolare. I pani conici potevano essere coperti da semi di cumino; per i riti magici e liturgici erano preparate specie di focacce di forma umana e animale. Del resto nomi, forme e ingredienti potevano cambiare col tempo, il gusto, la moda.

Una farinata di cereali – del tipo di quella trovata a Saqqara in una tomba della II dinastia (cfr. supra, p. 38) – è indicata come cibo caratteristicamente egiziano da Dioscoride (2, 92) e Plinio (XX, 121), che ne danno in greco il nome, arbera, termine che trascrive certamente l’egiziano teret, <<farina>>.

Erodoto (II, 92) e Teofrasto (Historia plantarum, IV, 8, 11) testimoniano l’esistenza in Egitto di un pane fatto con farina di semi di loto, simili al miglio, impastata con latte e acqua; ne parla anche Plinio, secondo il quale (XXII, 28) il pane di loto, mangiato caldo, era leggero e digeribile.

La pasta del pane poteva essere arricchita con del grasso (<<grasso bianco>>, come informano i testi egiziani), con uova, o addolcita con miele o con frutta (fichi, giuggiole o la polpa della palma dum dal sapore di zenzero) che poteva anche essere messa tra due dischi di pasta. Sulle focacce si poteva spalmare una specie di <<marmellata>> di datteri e miele.  Omississ..

Nella stessa opera Massimo Montanari sostiene che nell’antica Mesopotamia si conoscevano, per la tavola di corte, 300 tipi di pane e 34 tipi di birra. Il pane non era consumato come alimento dai commensali, servivano molto spesso come recipienti per le varie vivande servite; solo a fine pasto poteva essere suddiviso tra tutto il personale che avevano lavorato alla riuscita del banchetto.

Dalla storia si può attingere informazioni che possono essere utilizzate anche nel futuro prossimo, quello che nel mondo moderno non si dovrebbero fare è elaborare fake news sulle origini più o meno fantasiose degli alimenti che consumiamo. La sincerità e la correttezza nell’esposizione delle notizie possono aumentare la curiosità e la fantasia degli operatori, specialmente dei giovani che vogliono approcciarsi all’arte della panificazione. La pizza nella forma che oggi si produce, ha più di 500 anni di storia. La "Pissa d'Andrea", una focaccia realizzata in tegamino era l’alimento preferito dell’ammiraglio genovese Andrea D’Oria; erano gli anni di fine XIV secolo.

L’uso di questo stupendo prodotto “la Pizza” si perde nel tempo, ogni comunità del mediterraneo è titolare di una cultura sempre diversa e ricca di tradizioni locali riguardanti questo stupendo prodotto. Studiare, codificare e reinterpretare in chiave moderna, queste antiche realtà daranno luogo a prodotti innovativi e in copiabili dai più. Renato Andrenelli